sabato 9 febbraio 2013

Nella Roma antica con Philippe Daverio

Milano, Palazzo Reale - Martedì 29 Gennaio 2013
L'occasione era unica e allora sono schizzata fuori dal lavoro per incontrarlo dal vivo, per non tardare.
Parlo di Philippe Daverio. Non bisogna toccare gli idoli, è vero, o la doratura viene via, ma ascoltarli sì, soprattutto se ogni parola ha con sé la chiarezza essenziale e sorprendente dell'immagine. Un'occasione tra l'altro per una visione più allettante ed utile dell'antichità. Si trattava infatti della presentazione dell'Atlante di Roma Antica di Andrea Carandini.

Ero arrivata senza un pezzo di carta, senza una penna o una matita, ma, grazie tecnologia, grazie smartphone, perché appena Daverio ha iniziato a parlare ho capito che non mi sarei potuta permettere di dimenticare. Corro il rischio di tradire parafrasando, ma meglio di niente, l'obiettivo è condividere con chi non c'era, dei concetti che a mio parere hanno il potere di rianimare memoria, spirito e cervello.
L'antichità è l'armadio della coscienza: ogni volta che ce ne torna un pezzo cambia la nostra visione delle cose. In un paese depresso come il nostro, l'indagine sull'antichità può ridare fierezza e grinta. L'archeologia è un condensato di memoria; la riscoperta genera una presa di coscienza di potente intimità, è un'iniezione di fiducia nella qualità della nostra storia e nell'autonomia delle città. L'archeologia può avere una funzione  psicanalitica, porta a recuperare il passato nella sensazione della sua densità, nei riflessi incondizionati che ancora portiamo dentro di noi. Siamo portatori attivi di un virus positivo di cui ci siamo dimenticati, piombando nell'impotenza.
Se lo incontrassi, vorrei chiedergli, a lui con la sua giacchetta a quadri e il papillon: "lei si sente un'esteta?".
Io penso che lo sia, in quel modo sano che dà colore alla realtà e con un pizzico di spirito ne accende la vita, non snob insomma. E una volta di più me lo fa pensare il fatto che dell'atlante di Carandini, opera imponente, archivio che copre circa 15 secoli di storia, Philippe Daverio dica: "è un libro molto bello e a colori. Ricombinare la cultura estetica con quella vera, materiale, urbanistica è il modo migliore per tornare ad essere neoclassici, che detto in questa sala (ndr. la Sala delle Otto Colonne) suona benissimo".
Interessante e non la si può tralasciare anche la prospettiva dell'autore che, facendo scavi nel ventre di Roma coprendo un periodo storico che va dal IX secolo a.C. al VI secolo d.C., dice di aver perso il gusto per la cultura estetica del collezionismo e di vedere i quadri all'interno dei musei come all'interno di ospedali. L'informatica alla base del lavoro dell'Atlante consente invece di  riportare insieme pezzi presenti nei musei di tutto il mondo, di dare un senso dinamismo senza trascegliere. L'invito finale di Carandini è allettante e suona quasi come uno slogan pubblicitario: "con questo atlante potete passeggiare nella Roma che vi pare".

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