domenica 11 agosto 2013

Maledettamente affascinanti attorno a Modigliani

Ci voleva una vacanza obbligata di 10 giorni - uno stop fra un contratto e l'altro - per riaprirmi gli occhi annebbiati dal neon e riportarmi verso l'arte. A metà luglio non sono fuggita dalla città accaldata, ma ho provato a starci, a scoprire il mio nuovo quartiere, Affori, a ricordare qualcosa di me prima della donna aziendale. Provare a non aver nulla da fare nella mia Milano... qualcosa che è consentito solo ai pensionati. E allora ho scoperto le corse al parco; ho scoperto le gambe per farmi un giro al centro e, pensando di essere fra gli ultimi a non averla ancora vista, mi sono regalata la mostra di Modì.


Non sono passati tanti anni dall'ultima mostra a Milano, e sempre a Palazzo Reale, su Modigliani, "perché riproporlo ancora?" mi chiedevo. Forse perché sono 10 anni esatti? Era il 2003 ed ero andata a visitarla durante l'ultima settimana di apertura, di sera; la coda arrivava quasi alle porte del Duomo; ero con mia madre ed una volta entrate quasi non ci si riusciva a muovere per l'affollamento. Ecco tutto ciò che mi ricordo, oltre al fatto che, non avendolo studiato a scuola (e ancora mi chiedo perché non fosse nel programma), sapevo ben poco di lui e mi colpirono la sua morte ed il suicidio della sua compagna, Jeanne. Al di là dei ricordi di poco post adolescenziali, una risposta ce la si poteva dare già dai cartelloni: "Modigliani Soutine e gli artisti maledetti" - questa volta non è solo. La seconda parte del titolo completa la risposta "La collezione Netter" - il nome non mi diceva niente, ma proprio perché si tratta di opere per la prima volta in Italia. Per me Modigliani era un nome a sé e, con superficialità probabilmente, non arrivavo a pensare che la fama di un artista dovesse tanto all'amore di un collezionista. La parola amore non è qui a caso:  di fronte ad opere di questa vitalità dire "gusto" svanirebbe o renderebbe sterile il rapporto.
Talvolta le mostre collettive sono la prima occasione per un artista esordiente per mostrarsi al pubblico; altre volte mostre collettive vengono vendute con il nome del solo artista principale, di cui sono presenti poche opere, e rimpinzate di pezzi di artisti del periodo, più o meno collegati, e molto meno conosciuti, con la scusa di dare la sensazione complessiva della temperie in cui quel tale artista è maturato (perdonate il tono critico: non sempre l'effetto è negativo!). In questo caso però di vera collettiva si tratta, e Soutine si trova lì perché c'é Modì ed anche Utrillo per lo stesso motivo, e Modì perché ci sono loro.

Quando si parla di correnti, di relazioni fra artisti, mi vengono in mente primi fra tutti gli Impressionisti, penso poi subito a seguire alle opere di Van Gogh, che, nonostante siano il prodotto di un disadattato, risentono moltissimo delle sue relazioni con altri artisti, e, sfociando poi in maniera più decisa nell'espressionismo, penso alla Brucke, e così via. Gli esiti pittorici di questi pittori si presentano invece così diversi nelle forme, nelle pennellate, nei colori, nei soggetti fra di loro, da non riconoscervi forse immediatamente una comunione di intenti (e l'essere maledetti sta forse anche nell'aver rinunciato a rappresentare la realtà proprio come è per come l'artista la vede o la sente), quello che si coglie è piuttosto una vicinanza nel vivere, in una specie di accettazione reciproca dei pregi e difetti di ognuno perché accomunati da un sentimento artistico.
Alla fine delle sale mi sono così resa conto di non essere rimasta io sola a visitare la mostra: a otto mesi dall'apertura, in un solare ma non torrido pomeriggio di luglio, per tanti aveva un senso trovarsi lì... forse non il mio, chissà quale, ma eravamo lì insieme.
Ho fatto il mio consueto giro a ritroso per guardare con più calma le opere, con il piacere della riscoperta dopo l'emozione della scoperta. Soutine, confesso, l'ho sorpassato veloce: per me è un po' calcato. Ho salutato Utrillo, alcolizzato dall'infanzia, che con l'alcool doveva saperci ben convivere, visto che le sue vedute nitide e lievemente malinconiche donano un senso di equilibrio e di familiarità con i luoghi. Ho poi salutato le modelle di Modì cercando di inoltrarmi nei loro occhi ritagliati che lasciano spazio all'ignoto, finestre sull'infinito prima dei tagli di Fontana. Ho infine salutato Jeanne, perché a dieci anni dalla prima mostra ancora mi colpisce.
http://www.mostramodigliani.it/

Nessun commento:

Posta un commento