domenica 16 dicembre 2012

Sigrid Herler - Street style sotto le mura

Vernissage: Lunedì 17 Dicembre, ore 19 - Via di Porta Labicana 17, Roma

La vitalità del colore, l’equilibrio della composizione, la modernità del materiale, l’audace fantascienza dei concetti che non teme irrisione. Dinamici mondi stellari fanno da habitat familiari ad astrazioni impregnate di linfa vitale.
 
Per chi la conosce può essere scontato: Sigi=Arte; Sigi=Roma; Sigi=Street Style (abiti tecnici e colorati, movimenti hip hop, 2 biciclette per diverse occasioni). Con la mostra in via dei Rutoli, a San Lorenzo, all’incrocio con via di Porta Labicana, di fronte alle Mura Aureliane, tra pareti ed archi di mattoni, la sfida di chi ha conosciuto Sigrid Herler e la sua arte è proprio capire da dove proviene quella fascinazione che le opere trasmettono. E ancor più, quello che si sente aleggiare nell’ideazione dell’evento, è una domanda muta, un po’ incredula, che si stenta a pronunciare per timore di perdere qualcosa di importante, al quale non sappiamo dare un nome, ma che non dipende solo dall’affetto: “Che cosa ci fa Sigi ancora a Roma?”. Alla base c’è l’incredulità sul fatto che il nostro paese possa offrire qualcosa a chi non è autoctono, o comunque meno disperato di noi. Sigi, “l’artista austriaca (del sud)”, ci mette di fronte ad una prospettiva diversa: diversa anche dal mito del grand tour o dall’idea di chi viene dal nord a modernizzare.



“Sole mare vento” – la rima viene facile soprattutto a chi è stato almeno una volta nel tacco della nostra penisola – è il tema che caratterizza una tappa fondamentale nell’attività pittorica di Sigi in Italia: “mentre ero in Salento la mia stessa conoscenza del caldo e del sole è cambiata, visto che la vita si vive anche in conseguenza dell’ambiente circostante”. “Caldo” e “sole” non sono concetti fissi ma oggetti che si animano attraverso le sensazioni e le emozioni e che nel trasporto senza indirizzamento dell’artista sembrano acquisire personalità e movimenti autonomi. L’arrivo in Italia per Sigi, diciannovenne diplomata presso l’Istituto d’Arte di Graz, corrisponde ad una rinascita consapevole e desiderata, che la porta ad aprirsi senza pregiudizi alla conoscenza, a guardare la realtà circostante come per la prima volta e a ritrasmetterla con una meraviglia razionalizzata, con una estraneità domestica. Sperimentazione e accuratezza nello stile rispondono quindi all’esigenza forte di verità espressiva, per tradurre nell’opera in maniera quanto più precisa e autentica l’emozione personale provata. La nitidezza del disegno e la lucentezza del colore dipendono da una conquista del presente e dalla fiducia che il proprio vissuto possa davvero prendere forma attraverso l’arte.
Se alcune opere, pur nella loro ricchezza cromatica, danno un senso di definito, ne troviamo altre dove, pur in un equilibrio di base, la definitezza sembra venire meno, lo sguardo che filtra la realtà sembra avere perso  l’orientamento: è l’effetto della città. Nei quadri di soggetto urbano quello che l’artista trasmette è la verità percettiva, sensoriale, emozionale personale del passaggio da un paese dell’Austria ad una metropoli: Roma. Sigi non ha urla espressioniste di disagio, di reazione, semplicemente la pennellata si fa tramite di un’influenza diretta delle dimensioni, della densità, dei ritmi della città sulla vita e sulla visione.
Così, a seconda dell’opera, il pensiero o l’istinto, posti sullo stesso piano a livello valoriale, indistintamente guidano il “puro gesto della mano” che dà il via alla composizione. Ciò che è essenziale è che il primo gesto sia deciso e forte per sostenere la riflessione posteriore. Barca a vela, Spazio solarized, Poll-on-ized, Brezza al mare (turbo-brezza) sono quadri in cui il primo gesto scaturisce da un pensiero determinato. Altri quadri invece, come Costole di balena e Guerra in città, nascono da un gesto istintivo corrispondente ad un’emozione specifica e personale.
La ricerca sul contenuto nella produzione di Sigi è oggi un unicum con quella dei mezzi: il supporto interagisce nella creazione dell’opera. Una predilezione per la pennellata nella ricerca della migliore forma di espressione la porta a scegliere un materiale, il PVC, dove la stesura del colore è liscia e continua ed il processo di essiccazione permette di alternare e sommare le tecniche più svariate. Da prima dipinge sulla plastica come su tele normali, scoprendo poi anche la sua possibile trasparenza comincia a incuriosirsi del risultato che si ottiene guardando l’opera alla rovescia. Comincia così a giocare sulla bidimensionalità del quadro, facendo divenire retro ciò che inizialmente era fronte, e ancora oltre fino al confondersi e allo svanire del concetto di fronte-retro:  con la pittura distesa su entrambi i lati.
Da questo dialogo dell’artista con il supporto sembra scaturire anche un invito allo spettatore e in fondo a se stessa: lasciarsi attraversare dall’opera come dalla realtà e tollerare che quello che accade non lo si sa mai completamente o una volta per tutte.

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